la primavera

Zephir

    Non bastò quel raggio di sole che filtrava dalle imposte a rendere dolce il risveglio di Flora. Ancora una volta quell'incubo: lei distesa su un prato fiorito, addormentata, ma non c’era nessun principe a salvava dal maleficio.
Aveva un finale diverso la fiaba ascoltata da bambina... 
Indugiò sotto le coperte e chiuse di nuovo gli occhi sperando che il tepore del letto avvolgesse le sue malinconie; in quell'istante iniziò a suonare il cellulare. Non erano neppure le sette e Sandro già reclamava la sua attenzione. 
Ripensò alla sera prima trascorsa insieme e al litigio. Non era la prima volta che lui alzava la voce e un po’ anche le mani, intollerante, arrogante. Non capiva il perché di quel mutamento negli ultimi giorni. Le aveva stretto un braccio fino a farle male, due lacrime silenziose erano scese dai suoi occhi trasparenti, verdi, sempre un po' perduti.
“Scusa, scusa... amore, è che sono geloso e tu ridi e scherzi con gli altri” si era giustificato lui.
Si era fatta riaccompagnare subito a casa, lui riluttante aveva cercato di trattenerla, ma lei aveva abbassato il capo e si era chiusa in un silenzio che rimbombava come un uragano dentro la sua testa. Si vergognava di aver mostrato quella debolezza. Non aveva mai piacere di mostrare  completamente i suoi sentimenti, le sue paure, le sue ansie. 
Quando era sola calmava il tumulto che sentiva mangiando, poi i sensi di colpa la opprimevano. 
Il cellulare non le dava tregua,  quattro chiamate e una decina di messaggi. Non se la sentiva di rispondere, ma infine cedette. 
"Cosa facevi... con chi eri... perché non hai risposto" 
"Buongiorno Sandro, dormivo" 
"A che ora ci vediamo?"  incalzò lui.
"Oggi non possiamo vederci, vado da Lucia a studiare, lunedì c'è il compito in classe" 
Dopo un tempo che le sembrò interminabile, con voce apparentemente tranquilla Sandro disse  "va bene, allora ci vediamo domani"  e chiuse senza attendere.
Sentiva una grande tristezza: infilò i legghins con sopra un maglione lungo fino a metà gambe per coprire il corpo, spazzolò i capelli, fece un bel respiro e fu pronta ad affrontare sua madre. Già, sua madre, se c'era una persona con la quale non era in sintonia quella era sua madre. 
Bella, curata, sicura di se. Da quando si era separata dal suo padre sembrava aver ritrovato lo splendore e l'allegria. Tra poco avrebbe compiuto quarant'anni e sembrava più giovane di lei che di anni ne aveva diciassette. Flora pensò che forse aveva un nuovo amore perchè spesso rincasava tardissimo. 
Erano mesi che non vedeva suo padre e ne sentiva la mancanza, lui si era trasferito in Sicilia per un importante incarico di lavoro. Qualche breve messaggio e rare telefonate; almeno non lo sentiva più alzare la voce. Sapeva di una nuova compagna che lei non conosceva. 
Scese in cucina giusto in tempo, un veloce buongiorno e la vide uscire per il lavoro “ci vediamo stasera, non torno a cena” le disse ed era già fuori. 
Flora aprì il frigo: latte, biscotti, marmellata e un po’ di frutta per colazione, una pizza da riscaldare a cena,  a pranzo da Lucia. In quel momento arrivò il suo messaggio - da me ore 9, c'è anche Marco -

    Guardò fuori. Il cielo velato di rosa era come piaceva a lei, sarebbe stata una bella giornata, pensò. 
Era contenta di studiare con quei compagni, erano diventati amici. Con Lucia erano coetanee nella stessa classe da tre anni e avevano una situazione familiare simile; si capivano al volo. Marco era nuovo, aveva diciotto anni ed era stato bocciato una volta: un po' timido, tranquillo, silenzioso come lei.
Per la casa di Lucia bastavano due passi a piedi, giusto il tempo di sentire il vento tra i capelli, le piaceva quella brezza tiepida che portava l’annuncio della primavera. A giugno avrebbe cercato un lavoretto per l'estate, uno qualsiasi per avere qualche soldino da usare come voleva senza dover chiedere a sua madre.  
E Sandro? sarebbe stato d'accordo? 
Stavano insieme da pochi mesi. Lui aveva venti anni, diplomato all'alberghiero lavorava in un bar del centro. Economicamente indipendente viveva ancora in famiglia, ma stava cercando un posto tutto suo per stare con lei, stava proprio correndo troppo; lei voleva studiare e doveva ancora trovare il suo posto nel mondo.
L'ultimo sabato l'aveva portata in discoteca e aveva alzato un po' il gomito, lei aveva resistito fino a quando aveva potuto, poi per non contrariarlo aveva bevuto qualcosa ed era corsa subito dopo a vomitare. Non era più riuscita a divertirsi, la testa pesante per il rumore, le luci, la confusione. Non si trovava mai bene tra troppa gente.
Si vergognava e per questo cercava sempre di evitare situazioni che la mettevano a disagio e le procuravano ansia. A volte le sembrava di non essere protagonista della propria vita come un giocatore che sta sempre in panchina in attesa di entrare in campo. 

    Aveva conosciuto Sandro durante una passeggiata al percorso verde; ci andava spesso per stare  sola coi suoi pensieri. Si sedeva su una panchina e gustava in silenzio la città da lontano. Ammirava i campanili e le torri che delineavano il profilo dell’acropoli di Perugia contro il cielo con tutte le sfumature di colori che la caratterizzavano. 
Quel parco non troppo distante da casa era un luogo dove si sentiva a suo agio; alberi, prati, sentieri, il profumo dei fiori e delle siepi di lavanda. Di giorno frequentata da giovani mamme coi bambini e da  anziani che giocavano a bocce e la sera riparo di coppie di innamorati che si appartavano alla ricerca di un po’ d’intimità. 
Sandro l'aveva notata una mattina per caso e poi l’aveva vista tante volte, sempre sola. Aveva cominciato a fantasticare su di lei. Aveva immaginato la scena dell'incontro, aveva ripetuto mentalmente le parole da dire, si era convinto che da quella ragazza non avrebbe ricevuto una risposta negativa. Le aveva sorriso senza parlare.
Era bellissima, esile con lunghi capelli del colore del grano maturo che ondeggiavano ad ogni passo. Aveva una bellezza spirituale, aggraziata ed elegante, occhi velati di malinconia. Doveva essere la sua ragazza, lui l'amava.
Un mattino si era fatto coraggio, le aveva parlato e dopo, in quel luogo, si erano incontrati più volte, fino a quando si era dichiarato. Flora, sorpresa, aveva rischiato di cadere inciampando su una radice superficiale, lui l'aveva prontamente sorretta e stringendola al petto l'aveva baciata. Erano giorni che sognava quel momento!
Lei era inesperta, una cotta alle medie e poi solo il marasma delle emozioni contrastanti dell'età. Non aveva amicizie, solo i compagni della scuola. 
Lui lavorava tutto il giorno e non gli piaceva pensarla in compagnia, era geloso. Quando la vedeva sorridere a qualcuno la sua mente si arrovellava.
"Tu non mi ami abbastanza ti diverti anche quando non ci sono" le diceva a volte e lei  si sentiva in colpa anche se non faceva nulla per ferirlo. 
In quei momenti le certezze che faticosamente cercava di costruire vacillavano e riaffiorava il malessere, il senso di inadeguatezza. Era sempre in ansia tra bisogno di libertà e paura di perderlo.

    Arrivarono a casa di Lucia nello stesso momento Flora e Marco e lei provò tenerezza per quel ragazzo  gentile che le sorrideva con gli occhi. 
Studiarono tutto il giorno, parlarono, scherzarono, come era naturale.
E nel frattempo Sandro,  messaggi... messaggi… messaggi, ossessivamente per le cose più banali. Flora era confusa da un atteggiamento che negli ultimi giorni si era fatto soffocante, ad un tratto smise di rispondere. 
Era quasi sera, doveva tornare a casa; Lucia li accompagnò fino alla strada e si salutarono.
Come per incanto arrivò l'ennesimo SMS  - ti aspetto al parco - 
Era stanca e non aveva nessuna voglia di vederlo,  ma doveva parlargli a Sandro, dirgli che  dovevano rallentare, prendere le cose con un po' più di calma.  Chissà se ci sarebbe riuscita, lui era sempre più pressante. 
Più volte l'aveva forzata a fare l'amore, ma lei non si sentiva pronta. Non l'aveva mai fatto, aveva problemi col suo corpo e l'idea di affidarsi a qualcuno non la convinceva del tutto. Certo quando si baciavano c’erano dei momenti che anche lei si perdeva nei suoi occhi neri che sembravano incendiarsi. Prima o poi avrebbe fatto quell’esperienza, ma mostrarsi la preoccupava. Non aveva fretta.  

    Lo vide appoggiato all'albero in quella zona un po' riparata. Istintivamente rallentò, aveva il fiato corto perché aveva camminato a passo svelto e non riusciva nemmeno a parlare; si trovò tra le sue braccia come in una morsa. Lui sapeva di alcol, le baciava i capelli e cercava di infilare le mani sotto il suo maglione, lei si ritrasse e Sandro si infuriò, cominciò a dire parole senza senso farneticando che certamente a casa di Lucia aveva fatto l'amore con Marco per questo con lui non voleva farlo. 
"Che stai dicendo, sei impazzito? Abbiamo studiato, come sai che c'era anche Marco?” Doveva averla spiata. 
Le faceva male, la stringeva sempre più forte trascinandola a terra cercando di immobilizzarla, lei lo implorava sommessamente di smettere, ma lui era in un mondo tutto suo: Flora ebbe paura, non sognava così la prima volta! 
Era scesa la sera, i lampioni erano distanti ed il parco era vuoto. Non era come al mattino quando il sole baciava i prati e i colori brillavano per l’umidità della notte. 
"Sandro dobbiamo parlare, stiamo correndo troppo ho bisogno di riflettere" cercò di dire mentre lui le chiudeva la bocca. Non l'ascoltava più, nella sua testa pensieri sconnessi che non sapevano d'amore, ma di possesso.
Dopo corse lontano in preda ad una strana euforia, come ubriaco di lei, incapace di capire dov’era. 

    Il primo raggio di sole che annunciava un nuovo mattino la trovò distesa sul prato, gli abiti strappati accanto, addormentata. Delicata come la Primavera di Botticelli, i capelli color del grano maturo a coprire un poco la nudità del seno acerbo, quasi a proteggerla.
Zephyr, noto per la leggerezza del suo soffio delicato, non poteva svegliarla con un bacio, ma ebbe pietà di quel corpo abbandonato, inerme; mosse delicatamente foglie, fiori e lacrime di rugiada  e ne fece un mantello che distese su Flora. 

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Immagine: La Primavera - 1480 c.
Sandro Botticelli
Firenze, Museo degli Uffizi

Daniela Lalleroni
Daniela

Salve, sono Daniela, una
ragazza del '53 con la mente
rivolta al presente.  
É tempo di seguire uno 
dei sogni che ho da sempre: 
scrivere.

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