In punta di piedi

In punta di piedi

      Pensare ad un testamento le sembrò assolutamente fuori luogo!
Eppure sentiva i pensieri rincorrersi e un senso di inadeguatezza crescere a dismisura da quando era bersaglio di bisbiglii, risatine, sguardi di sfida e commiserazione da parte di  alcuni compagni.
Ed ora quel foglio trovato in mezzo al diario. Da un lato era perfettamente bianco, solo girandolo tra le mani aveva trovato quella orribile scritta in stampatello -SFIGATA-.
Era rimasta sgomenta.
Chi poteva volerle così male? Certo non godeva di troppe simpatie, faceva un po’ fatica a legare con tutti, ma c’erano mille perché. Lei non voleva vivere come alcuni compagni con sorrisi sgraziati che ridevano senza sapere di che. Lei voleva costruirsi la sua storia a lieto fine, aveva una certa idea di felicità e soprattutto voleva essere protagonista della propria vita.
Questa sua visione non contemplava di essere carina con tutti e sorridere sempre. Per lei era difficile. 
A volte si sentiva totalmente estranea al mondo e non sapeva se voleva parlarne e con chi. Le lacrime cominciarono lentamente a bagnarle le guance; cercava inutilmente di asciugarle con il dorso della mano in preda alla disperazione, un dolore sordo dentro al petto e in testa tanta confusione.
Ecco pensò Lisa, potrei usare questa  pagina bianca per raccontarmi e cancellare quella brutta parola. Ma chi può comprendermi, chi perderà un solo minuto a leggere ciò che ho da dire?

Da quando il lookdown aveva fermato il mondo era da sua nonna Camilla.
Un momento particolare con il dilagare del virus che aveva modificato le giornate di tutti: chiusi in casa, la scuola a distanza, almeno non avrebbe affrontato ogni giorno il disprezzo dei compagni.
Era contenta di trovarsi lì, adorava sua nonna, avrebbe voluto essere indipendente come lei, piena di energia, sicura di se. 
Sentì un lieve bussare, ecco una cosa che apprezzava, il rispetto della sua intimità; sua madre, sempre di fretta, sarebbe entrata come un ciclone. Stare  chiusa a lavorare da casa, per lei sarebbe stato difficile pensò Lisa.

Era pomeriggio inoltrato Camilla si stupì della stanza al buio, aveva un vassoio in mano “gelato per due? è una giornata così piacevole, pensavo si potesse prendere insieme sul balcone, va bene per te?” attese una risposta.
Lisa andò ad aprire la finestra, portò una mano agli occhi per schermare la luce e sperò che non si vedesse che aveva pianto. Sistemò il tavolino e le sedie a corredo del balcone e aprì la tenda: un po’ d’ombra avrebbe smorzato la calura.
Si sedettero. 

Un affaccio con vista stupenda: il mare in fondo alla collina coi riflessi del sole sull’acqua lievemente increspata e l’odore di salsedine che giungeva fin lassù insieme al fruscio della brezza sulle chiome dell’uliveto sottostante. Le era sempre piaciuto accarezzare i tronchi nodosi  degli ulivi che aveva piantato il bisnonno. 
Qualche tempo prima con Camilla, aveva visto una serie di quadri che Van Gogh aveva dipinto nel 1889 in un momento di tumulto emotivo, lei aveva fatto proprio il sentire dell’artista che vedeva nell’effetto della luce sulle foglie il divino, il ciclo della vita: la visione della natura come rifugio dell’anima. 
Ora lei, ne aveva più bisogno che mai.

Sua nonna scrutava quel viso serio, lo sguardo perduto; due grosse lacrime appena trattenute parlavano di un malessere non figlio della contingenza del momento. Era forse innamorata? A 17 anni sicuramente viveva i primi turbamenti: le sorrise, “potremmo fare due passi giù per il sentiero quando l’aria rinfresca. Se stiamo un po distanti è consentito, ci farà bene” 
Lisa annuì senza parlare. Rimasero così, sedute in silenzio ad occhi chiusi, ognuna coi propri pensieri. 
Era quasi buio quando con un filo di voce Lisa disse “ forse amo una ragazza” aspettò una reazione. 
Camilla seppe il perché del suo smarrimento, della sua difficoltà: cercava un’identità, il suo posto nel mondo. 
Doveva essere cauta nell’esplorare con lei un terreno irto di difficoltà. “Vuoi parlarne, hai detto forse, perché?” chiese non lasciando trasparire la preoccupazione che sentiva.
“Non so, ci siamo conosciute tempo fa ad una festa; con lei sto bene. É più grande di me, passiamo delle ore insieme, mi aiuta a rilassarmi con le sue carezze. Con Flavia mi sento protetta, quando mi ha baciato la prima volta ho sentito un brivido lungo la schiena, lei se ne è accorta e ha voluto sapere se mi aveva messo in imbarazzo. Mi aveva sorpreso, ma ancor più la mia reazione, avrei voluto che continuasse e mi stringesse a se. Per un po’ di giorni non ci siamo viste, ho avuto paura di perderla, di essere troppo bambina per lei. É venuta qualche volta a prendermi a scuola e dopo i compagni hanno cominciato a dirmi parole orribili, mi sono isolata sempre di più. I sentimenti sono privati, personali, non ho bisogno di mettermi in evidenza.”
Aveva il viso inondato di lacrime, Camilla rientrò alla ricerca di un fazzoletto e vide in terra il foglio. Quando tornò al balcone Lisa teneva gli occhi chiusi ed era di un pallore mortale. 
Doveva aiutarla e non sapeva ancora come “io ci sarò sempre” le sussurrò facendole una carezza e pensò a come avrebbero reagito suo figlio e la nuora. 

Il cellulare riattivò il tempo che sembrava essersi fermato, quando Lisa rispose la vide arrossire, capì immediatamente che era Flavia.
Uscì in punta di piedi, avevano entrambe bisogno di riflettere.

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Immagine: Olive Trees on Hilside -1889
Vincent van Gogh
Amsterdam, Van Gogh Museum

Daniela Lalleroni
Daniela

Salve, sono Daniela, una
ragazza del '53 con la mente
rivolta al presente.  
É tempo di seguire uno 
dei sogni che ho da sempre: 
scrivere.

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