Prima ancora di essere completamente sveglio seppe di non essere solo.
Nel silenzio dell'alba in agguato, percepì il respiro regolare della Comunità. Trattenne il fiato in gola per paura che qualcun altro, svegliandosi, andasse ad interrompere quel momento di intimità. Se ne stava rannicchiato su se stesso quasi come un gomitolo; gambe flesse e strette verso il ventre, braccia incrociate come in un abbraccio, il capo piegato verso il petto completamente sotto le coperte. La chiamavano posizione fetale. Andy desiderò che il tepore del letto fosse, come per magia, il caldo abbraccio di una mamma accogliente; quella che non conosceva.
Pensò per un attimo a Marzio, suo padre, si chiese se anche lui sentiva la sua mancanza.
C'era nell'aria un sentore di umanità, una mescolanza di odori che la notte aveva concentrato. Sarebbe stato bello alzarsi, spalancare le imposte e respirare l'aria dolce del mattino immoto. Non poteva farlo, non era come a casa in camera sua. Non poteva allungare la mano verso il comodino, verso il tablet, verso il mondo fuori. Non poteva chattare con Katia o con Lillo e gli altri amici. Non avrebbe sentito, li a poco, la voce di sua madre Lia dirgli "la colazione è sul tavolo, io vado al lavoro non fare tardi a scuola che hai il compito in classe". Non avrebbe ricevuto né l'esortazione né il bacio sulla guancia. Parole imperative e gesti affettuosi. Un abbandono forzato dopo che lui aveva abbandonato la sua vita.
Era in Comunità da meno di un mese ed a volte gli sembrava un secolo. Ombre dentro il cuore e nei pensieri il rumore assordante della parola abbandono. Come un fiume in piena che si insinua in ogni cosa, un sortilegio venuto da lontano così potente da spazzar via le cose buone della sua vita. Sentimenti ambivalenti: al deserto che sentiva dentro, alle sabbie mobili dalle quali faticosamente cercava di tirarsi fuori si aggiungeva, ora, il distacco dalla famiglia, dalla casa, dalle sue cose, dalla vita che conosceva e a tratti rifiutava. Sperimentava emozioni dolorose alla ricerca di una radice alla quale ancorarsi per uscire dalla solitudine che lo attanagliava da tempo. Doveva trovare una strada e sapere, sentire chi era.
"Cosa ho sbagliato?" Lia continuava a farsi mentalmente questa domanda mentre guardava il sole che faceva capolino tra le colline e incurante delle nuvole illuminava a tratti la natura circostante. Un tripudio dei caldi colori dell'autunno, un mutare continuo di ombre e di luce accompagnato dal rumore del vento. Quadri di un pittore che sembrava averla abbandonata. La fede che aveva nutrito la sua vita era in quel momento in balia degli avvenimenti, perduta nella tempesta.
Sentiva uno smarrimento, un dolore sordo nel petto e si chiedeva quasi ossessivamente "quando ho sbagliato?"
Erano gli ultimi vent'anni della sua vita ad essere sotto accusa e ne aveva solo cinquanta. Se sua madre fosse stata ancora con lei avrebbe saputo indicarle una via. Emma, cortese, solida, rigorosa, affettuosa. Il modello che aveva cercato di seguire da quando si era trovata tra le braccia quel fagottino. Un figlio tanto desiderato adottato quando aveva scoperto di non poterne avere. Ricordava ogni attimo: la decisione presa con suo marito, la lunga procedura, i viaggi, i colloqui con psicologi e assistenti sociali, le attese, la paura di non farcela. Poi la gioia immensa. Gli anni erano volati, Andy era un bambino quieto, sempre sorridente e affettuoso. Aveva con nonna Emma un rapporto fantastico e passavano molto tempo insieme, specialmente da quando in pensione, si era offerta di dare una mano a sua figlia Lia che da poco tempo aveva ottenuto il ruolo di dirigente nell'ufficio tecnico di un ente e spesso era fuori per lavoro. Laureatasi precocemente in architettura con il massimo dei voti, teneva molto alla sua carriera e sperava di essere di esempio per il futuro di suo figlio.
Nonostante Lia cercasse di tenere sempre tutto sotto controllo, la scuola, gli amici, i divertimenti, cominciarono i guai; Andy cresceva. A volte quando le cose non andavano come lei sperava, era un po' aspra con lui ma voleva il meglio per per suo figlio, era per il suo bene. Soffriva quando lui metteva una certa distanza tra loro e preferiva l'alleanza con la nonna e la complicità di suo padre sempre indulgente. Le cose erano precipitate quando Emma era venuta a mancare, Andy ormai sedicenne aveva sofferto molto quell'assenza e aveva cominciato a passare tanto tempo fuori di casa. Troppo. Sempre più insofferente e distratto, la sua situazione scolastica era andata via via peggiorando e nonostante i continui contatti di Lia con le insegnanti e le ripetizioni che aveva organizzato per lui, era stato bocciato.
Per Lia era stata una tragedia! Aveva passato intere giornate a piangere in preda a sensi di colpa che crescevano di pari passo con le domande di Andy che insistentemente chiedeva di sapere chi era sua madre. Si sentiva rifiutata, non capiva quell’improvvisa necessità; erano coltellate. La famiglia felice costruita negli anni sembrava sgretolarsi. Quando qualche tempo dopo aveva scoperto che faceva uso di sostanze e di alcol era andata in tilt. Non sapeva come intervenire si sentiva totalmente inadeguata e non voleva chiedere aiuto, anzi voleva risolvere da sola la situazione, tanto da celare una parte di verità a Marzio, senza coinvolgerlo nelle decisioni. Giorni duri, quando aveva cercato di isolarlo dal contesto cittadino tenendolo chiuso in casa senza cellulare, senza contatti con il suo mondo. Sperava che riflettere su quello che aveva e che stava buttando via gli avrebbe fatto bene, ma lei non c'era sempre e non poteva controllare tutto. Dopo tanti musi lunghi, crisi e cattive parole, Andy era scappato di casa; dopo tre giorni lo avevano ritrovato in uno stato pietoso.
Marzio, manager in una grande industria, era rientrato tempestivamente da un viaggio di lavoro ed aveva chiesto una pausa. Non era stato facile, ma era stato irremovibile, suo figlio aveva bisogno di lui. Aveva subito intuito che doveva interrompere quel circolo vizioso di accuse, rimproveri e pianti che si vivevano in casa, gli aveva proposto di stare un po' da soli e come quando era bambino erano partiti per la montagna. Giorni difficili, fatti di ribellione rabbia e tristezza verso i genitori adottivi e quelli biologici di cui Andy non sapeva nulla. Lui non apparteneva a nessuno, nemmeno al luogo della sua origine. Poi improvvise pause di depressione durante le quali si isolava in un silenzio impenetrabile. Marzio gli stava accanto senza forzare quel muro, senza incalzarlo con domande, senza giudicarlo. Era lì presente, pronto a tendergli la mano consapevole che entrambi avevano bisogno di aiuto.
La montagna amica da sempre, li aiutò a ricordare e rivivere esperienze positive e distensive fuori dal contesto di tutti i giorni. Una sorta di bolla dentro cui, seppur con difficoltà, riuscirono a parlarsi come un tempo. Iniziò Marzio a raccontare lo stato d'animo di quando avevano saputo di non poter avere figli. Come si erano sentiti impotenti di fronte ai propri limiti. La fatica fatta per trovare un equilibrio e non far naufragare la vita di coppia. Avevano trasformato la ferita ricevuta dalla consapevolezza dell'infertilità in una risorsa e intrapreso il lungo e faticoso percorso che aveva trasformato il loro desiderio di essere genitori, in idoneità ad essere genitori. La gioia provata quando lui era entrato nelle loro vite dandogli, inconsapevolmente, la possibilità di crescere insieme di amarsi, di scrivere la storia della famiglia. Ora lui stava cercando la propria strada, ma loro ci starebbero sempre stati.
Andy si era aggrappato a quel punto di contatto, amava suo padre e aveva paura di ferirlo, ma aveva trovato il coraggio di dirgli che aveva bisogno di sapere delle sue origini, sapere chi era, costruire il suo futuro, non essere per forza ciò che loro avrebbero desiderato. Confessò che dentro quel malessere alcol e droga erano state un modo per sentirsi uguale agli altri, uno del branco. Piangendo raccontò di essersi sentito senza radici, di nuovo abbandonato, quando era morta nonna Emma ed aveva avuto paura di altri abbandoni. Dopo un mese di umori altalenanti e lacrime avevano preso insieme una decisione ed erano tornati a casa. Obiettivo Comunità. Per Lia non era stato facile accettare quella decisione, avrebbe perduto tutto, pensava, c’era la paura del giudizio della gente.
Quanto tempo che non guardava un uomo!
Si stupì di quel pensiero fugace, non era da lei, pensò Marta guardando incuriosita quel bell'uomo sulla cinquantina, appena brizzolato, ben vestito, corporatura atletica. Era impossibile non notarlo su quella poltroncina d'angolo della sala lettura. Se ne stava immobile, il busto impercettibilmente appoggiato allo schienale, un libro aperto in grembo e lo sguardo fisso lontano. La sua mente vagava certamente tra luoghi e personaggi sconosciuti di un racconto avvincente; chissà che libro era! Se era fortunata poteva scambiare due parole alla riconsegna. Poi, notò la sua infelicità. L'aveva scritta in ogni piega del viso ed in quegli occhi cerulei ed immobili. Si sentì subito inspiegabilmente vicina a quell’uomo, lei conosceva la sofferenza, l’aveva sperimentata per tanto tempo e non era ancora del tutto sopita.
Marzio aveva girato per giorni alla ricerca di un luogo tranquillo non troppo lontano dalla Comunità. Quando aveva visto quella biblioteca in via Verdi vi era entrato con la speranza di potersi immergere nel silenzio, evitare contatti col vociare del mondo e sentirsi vicino al suo Andy, solo poco distante da lì, dietro la collina, verso il mare. La sala odorava di legno e di carta. Aveva chiesto un libro e cercato un luogo appartato. Guardava oltre la finestra che dava sul giardino dove grandi salici piangenti sfioravano il prato coi rami; in realtà rifletteva sulla vita della sua famiglia in grande difficoltà. Pensava che pochi giorni prima aveva accompagnato suo figlio consapevole che per molto tempo non lo avrebbe rivisto; già sentiva la mancanza. Lia era rimasta a casa. Dovevano chiarire un po’ di cose loro due, parlarsi e trovare un punto di contatto altrimenti affrontare il futuro sarebbe stato difficile. Sapeva che stava attraversando un periodo molto doloroso, ma lui no? Anche lui pensava di aver sbagliato qualcosa, di aver forse fallito nella cosa più importante, ma credeva che per andare avanti doveva aiutare suo figlio a uscire da quel tunnel e lo avrebbe fatto a qualsiasi costo. Lo avrebbe sostenuto nelle ricerche, se avesse voluto farne, lo avrebbe aiutato a ricostruire la parte mancante per sanare le ferite. Poteva farlo, il loro legame iniziato tanto tempo prima quando Andy aveva poche settimane era solido.
Per un anno non potevano vederlo e lui non sarebbe tornato a casa per i prossimi due. Il tempo li avrebbe certamente cambiati, dovevano prepararsi, farsi aiutare: questo Lia sembrava accettarlo. Quando era arrivato dietro la collina, la Comunità gli era sembrata una grande unità di produzione, un complesso di fabbricati immersi nel verde, prati, ulivi, filari di vigne, alberi ordinati, colture regolari. La disciplina impartita alle persone forgiava anche l’habitat: non c’era posto per il disordine materiale, né per quello morale. Il programma di recupero era basato sul lavoro, sulla formazione, sul piacere di sentirsi utili, sulla fatica, sulla capacità di costruire autostima, di accettare se stessi per trovare la propria identità. Ne condivideva in pieno la filosofia, ma per Andy quanto sarebbe stato duro? Ce la avrebbe fatta?
Marta gli passò accanto e si accorse che tra le pagine aperte del libro teneva una fotografia e la accarezzava lentamente. Gli sorrise e di scatto lui si alzò in piedi e chiuse il libro. “vuole riconsegnarlo? chiese lei presentandosi affabilmente un po’ incuriosita, “si” rispose Marzio e riprendendo la foto dal libro disse “è mia, è mio figlio” e per non essere scortese gliela mostrò. Lei notò subito quella dedica particolare - senza di te io non ero nulla, ti voglio bene – poi posò lo sguardo sul quel ragazzo con un ciuffo ribelle che sfiorava occhi neri e malinconici, ebbe un capogiro, fu tutto buio, cadde a terra con la foto in mano. Nel trambusto che seguì per soccorrerla, il libro fu messe a posto da Gisella, l’altra bibliotecaria e Marzio tornò a casa. Il medico disse che non c’era nulla che non andava forse un principio di influenza e Marta, dopo aver sbirciato sul registro di consegna dei libri le generalità di Marzio, si preparò ad uscire dal lavoro. “Deve esserti caduta dalla tasca” le disse Gisella porgendole la foto. La fece scivolare furtivamente in tasca e disse “no, la metto nel cassetto, non è mia”.
Era stato come vedere un fantasma!
Un pugno allo stomaco, una mancanza di aria improvvisa, come se gli ultimi diciotto anni non fossero trascorsi, spazzati via in un attimo. Ne aveva solo trentacinque! Aveva bisogno di star sola e guardare di nuovo quella fotografia, quel viso e quegli occhi che avevano cambiato d’improvviso la sua vita. Sentì sulla pelle la violenza subita, la gravidanza, l’allontanamento da casa da parte della sua famiglia che l’aveva spedita da Palermo a Perugia e l’aveva costretta ad abbandonare quel figlio che non aveva mai visto, ma aveva avuto nel cuore ogni giorno tra sentimenti contrastanti di odio e di amore e mille sensi di colpa. Ora si chiedeva perché il destino la metteva di fronte a questa prova. Era stato faticosissimo costruirsi una vita. Appena maggiorenne aveva tagliato i ponti con tutti spostandosi continuamente da un luogo all’altro in cerca di un approdo senza amore. Ed ora la coincidenza di quella forte somiglianza la riportava indietro togliendole ogni certezza. Il lunedì avrebbe messo la foto nel cassetto della biblioteca, tanto l’aveva fotocopiata, avrebbe chiesto un periodo di aspettativa e cominciato discretamente la sua ricerca. Non voleva rischiare di incontrare di nuovo Marzio, non poteva fargli domande indiscrete, non voleva destare sospetti. Doveva indagare per suo conto e capire cosa avrebbe fatto se i suoi dubbi, pochi in verità, fossero divenuti certezze. Doveva riflettere con calma e capire qual’era la causa dell’evidente infelicità di Marzio e cosa era accaduto a suo figlio. Il pensiero di conoscere suo figlio la terrorizzo; e se fosse stato troppo tardi? Questa volta voleva essere lei a decidere della sua vita.
Mentre raccontava a Lia dove era stato e cosa gli era accaduto Marzio si rese conto di non aver ripreso la fotografia, ormai era tardi era sabato e la biblioteca era chiusa fino a lunedì. Be sarebbe stato un buon motivo per tornare così vicino ad Andy e sapere come stava la bibliotecaria; era rimasto un po’ scosso da quel malore improvviso.
Lia non volle accompagnarlo. Guidò piano girando più volte intorno alla collina. Quando entrò in biblioteca vide che Marta non c’era, chiese notizie e rimase sconcertato quando seppe che aveva preso improvvisamente l’aspettativa. Peccato, per un attimo il suo sorriso gli era sembrato familiare.
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Immagine: Fotografia