Strumenti di lavoro

Non chiamarmi amore

    Oggi non sarà una giornata come le altre.
Non aveva dormito quasi nulla, per tutta la notte si era girata e rigirata nel letto attenta a non fare rumore mentre accanto a lei, Fausto, era ancora immerso in un sonno profondo. Mara aveva ripassato mentalmente tutte le cose da fare e alla fine si era alzata, presto come al solito: non voleva destare sospetti.
Il caffè del mattino, nel silenzio della casa, era un rito fatto di gesti lenti  che  consentivano alle mani movimenti noti e lasciavano la mente libera. Quello era l’ultimo caffè da bere nella cucina che aveva visto nel tempo la gioia trasformarsi in dolore, in rabbia e poi in paura. Tra poco Fausto, alzandosi, avrebbe rotto l’incantesimo della solitudine di quel momento. 
Alle sette quarantacinque ignaro che quella giornata avrebbe in parte cambiato la sua routine e la sua vita, le passò accanto e prima di uscire e sbattere la porta disse con ironia 
  «prepara una buona cena, visto che hai niente da fare»
Mara negli ultimi tempi temeva sempre di più le sue reazioni e non rispose, ormai era impossibile comunicare con lui in modo sereno.
Aveva ancora i segni dell’ultima violenza subita: un alone bluastro sulla guancia memoria del livido lasciato dall’anello d’oro che lei stessa gli aveva regalato quando si erano sposati. Di solito era attento a non colpirla su parti del corpo visibili, ma se accadeva, specialmente quando i segni inequivocabili erano evidenti, la sera le portava fiori accompagnanti da sorrisi bugiardi e promesse mai mantenute. Talvolta li mandava direttamente dalla fioraia, forse per ingannare il mondo su qualcosa che non c’era più. Quel mattino, alzandosi, Mara, per evitare qualsiasi battuta o discussione aveva coperto quell’ombra con un fondotinta leggero, ma senza truccarsi. 
Aspiro ad occhi chiusi il buon profumo di caffè che riempiva l’aria e pensò a quando nell’arco di pochissime ore, in televisione, avevano dato la notizia di una giovane ragazza pugnalata e poi bruciata ai margini di un campo e quasi nello stesso momento, in un’altra cittadina,  una donna più o meno della sua età era stata buttata giù dalle scale dal compagno ed era morta sul colpo.  La cronaca le aveva mostrato la barbarie e la ferocia che scaturivano da esperienze di vita anaffettiva. Si era trovata così a riflettere sulla sua situazione e aveva compreso che Fausto in nome dell'amore era preda di un desiderio di possesso che negli ultimi tempi era diventato una vera ossessione ed era stato più volte a un passo dal diventare il carnefice di turno. 
Ma quanto poteva durare?

Allora aveva maturato la decisione di dire basta.
Forse lei si poteva ancora salvare; non era più la giovane ragazza innamorata solo desiderosa di passare la vita con lui. Le sue aspirazioni erano state inghiottite pian piano dalla vita di tutti i giorni, dal lavoro, dalla routine  e da Fausto.
Col tempo aveva imparato a celare la sofferenza, anche quella fisica; si era addestrata a non reagire. Si era spenta fino a sembrare insensibile. Aveva negato se stessa e  i suoi sogni. 
Le sue giornate divenute tutte uguali: sacrifici, lavoro in casa e fuori, pochi soldi a sua disposizione per piccole soddisfazioni. Una vita pesante.
Fausto esercitava il controllo su tutto. 
All’inizio, trentacinque anni prima, le era sembrato tutto bello e lei aveva sottovalutato la gelosia che suo marito mostrava per cose inesistenti; le era parsa una segno di amore, una prova che lui ci teneva davvero a lei. Poi, dopo la gravidanza, da quando aveva dedicato cure ed attenzione  anche al piccolo Nico, Fausto aveva manifestato un desiderio di esclusività che era sfociato in una intimità senza tenerezza divenuta presto quasi violenza, dove tutto si consumava in fretta. Lei aveva cercato di parlargli, ma la sua reazione era stata di negazione, di distacco, di accusa.
  «Hai troppi grilli per la testa» le aveva detto più volte.
Poi erano cominciate le brutte battute sul suo corpo cambiato e quando Mara aveva iniziato una dieta, era stato anche peggio. Allora i sospetti, le accuse di tradimento, gli insulti, i litigi, erano sfociati spesso in schiaffi. Quella gelosia dei primi anni era divenuta un morboso meccanismo di autorità con esternazioni paranoiche, prolungate e brutali. Un paio di volte aveva avuto anche delle fratture e lui l’aveva accompagnata con premurosa ipocrisia in Pronto Soccorso, per farle dire che era caduta delle scale. Allora, lei aveva pensato che non era giusto denunciare il padre di suo figlio. 
Poi c’erano periodi durante i quali lui si chiudeva in un mutismo totale seguito da assenze per improvvisi impegni di lavoro. Quando tornava era ancora più prepotente; casualmente aveva saputo di tradimenti ripetuti e allora Mara aveva pensato  che forse era colpa sua, che il lei ci fosse qualcosa di sbagliato.
Fino al silenzio dei sentimenti.

Fausto pian piano aveva fatto il deserto in torno a loro, non frequentavano più quasi nessuno e vivevano lontano da ciò che era rimasto delle rispettiva famiglie di origine. Mara non aveva un’amica da tanto tempo; un'assenza di relazioni positive e significative, una mancanza di rapporti umani. Le sembrava di vivere in un mondo affollato dove nessuno vede nulla e ognuno è concentrato solo su sé stesso. Per evitare discussioni, anche nel contesto lavorativo dove i colleghi erano in prevalenza maschi, solo rapporti superficiali e molto formali, conoscenze  senza frequentazioni. In questo modo era riuscita a non subire troppo la pressione di lui che più volte le aveva chiesto di non lavorare, di stare a casa e fare la brava mogliettina. Per fortuna non lo aveva ascoltato, sorretta da sua madre che le aveva insegnato il valore del lavoro e  dell’indipendenza economica; per fortuna il suo stipendio era buono e faceva comodo.
Così, da tempo, in solitudine, lasciava che lacrime silenziose dessero sollievo alla sua anima ferita. Aveva ingoiato giorno dopo giorno, con indulgenza e rassegnazione, ogni cosa, per non turbare la serenità di Nico, che oggi era un giovane biologo di trentanni, ormai in grado di camminare con le sue gambe. Il capolavoro della sua vita.
In fondo era stata brava a non fargli vivere le difficoltà, a farlo crescere senza mostrargli il trauma della violenza in casa, si era detta più volte. Gli aveva insegnato il rispetto per le persone, donne e uomini e non lo aveva mai messo contro suo padre. 
Nico, appassionato di teorie biologiche relative all’essere umano, sei mesi prima aveva trovato un lavoro come ricercatore dall’altra parte del globo e lei nonostante la distanza, era stata felice per lui, per il suo entusiasmo, per la capacità di affrontare le novità, per la sua voglia di essere cittadino del mondo, per il giovane uomo che era. Dopo le prime settimane per i rispettivi impegni di lavoro, la distanza, il fuso orario, i contatti tra loro erano stati veramente pochi; qualche messaggio e qualche video chiamata ad orari impossibili per tutti.
Quelle ultime settimane, nel silenzio solitario della casa, aveva pianto pensando ai trentacinque anni vissuti insieme a quell’uomo che d’un tratto le sembrava così distante da quello di cui si era innamorata: quasi un estraneo.
Paradossalmente, era sopraffatta dal vuoto che in quel momento riempiva la sua esistenza e contemporaneamente sentiva il peso delle sofferenze vissute in quegli anni. In quel momento solo gli occhi, apparentemente perduti dentro la tazzina vuota, sembravano vedere oltre. 
Doveva svegliarsi dal torpore dei ricordi.

    L’avvocato, una matrimonialista alla quale si era rivolta per la separazione, dopo un ascolto attento e dopo averle consigliato il supporto di un Centro Anti Violenza, aveva preparato la pratica. Frequentando il CAV aveva capito di aver diritto a un tempo da vivere senza dolore e senza Fausto. Lui ancora non lo sapeva e lei sperava che non lo scoprisse  prima della sua partenza. 
Ufficialmente era in ferie dall’ufficio per venti giorni, in realtà la settimana successiva avrebbe preso servizio nel Centro di Produzione con sede in Inghilterra, satellite della Multinazionale dove aveva sempre lavorato. Si sentiva fortunata.
Quando aveva saputo di quella possibilità non aveva esitato, il suo inglese parlato e scritto con proprietà da anni, aveva favorito la nuova destinazione. Aveva accettato il licenziamento e ottenuto un nuovo contratto direttamente con la sede inglese: la paga era più bassa, il ruolo diverso, ma non le importava. Aveva un piccolo gruzzolo, ereditato alla morte del padre dove  Fausto non aveva ancora messo mani. Anche quello era stato oggetto di discussione, ma il Notaio Bruni, che curava da sempre gli interessi della sua famiglia, era stato chiaro quando aveva sottolineato che i beni ereditati erano beni personali e non rientravano nella comunione dei coniugi. Da allora  era trascorso poco tempo e Fausto non era ancora tornato alla carica.
La sua vecchia automobile sarebbe passata direttamente dal lavaggio, alla nuova proprietaria. Le pratiche erano in mano all’Agenzia che si era occupata della vendita. Avrebbe consegnato l’auto quella mattina uscendo da casa, per ricevere l’assegno da versare immediatamente sul suo nuovo conto on line. La macchina era un po’ vecchiotta, ma l’aveva tenuta bene e ne aveva ricavato una somma  sufficiente a coprire le spese per le prime necessità della casa, tra i benefit nel nuovo contratto, da allestire una volta giunta a destinazione. 
Era tutto pronto: dentro il vecchio baule c’era nascosto il trolley e il biglietto per il volo, gli effetti personali, gli abiti, qualche fotografia ed un paio di libri che le aveva regalato Nico prima di partire per l’Australia. Aveva pochissimi gioielli e li avrebbe indossati.
I libri erano le uniche cose che le dispiaceva abbandonare, erano stati i compagni di tanti viaggi della mente nelle sere di disperazione. I personaggi dei romanzi con i quali aveva dialogato silenziosamente avevano contribuito a tenerla viva nonostante lo scherno che riceveva da Fausto che considerava tempo perso quello che lei dedicava alla lettura. Avrebbe potuto imballarli e consegnarli ad una ditta di spedizioni, ma ora non aveva tempo e prima sarebbe stata una mossa incauta. Nel suo piano di fuga, non c’era spazio per indizi e tracce da lasciare, poteva essere una questione di sopravvivenza.
Il beep del cellulare le rammentò che era ora di andare; lo spense e tolse la sim. Quella nuova l’avrebbe acquistata direttamente a Londra.
Si alzò dalla sedia e mise la tazzina dentro il lavandino: oggi non l’avrebbe lavata, non avrebbe pulito la casa, non avrebbe preparato la cena.
Nico lo avrebbe informato dall’Inghilterra. Sarebbe stato più semplice per lui, all’oscuro di tutto, non cadere nei tranelli del padre; non doveva rivelare dove era Mara in quel momento. Fu certa che avrebbe capito.

Sul tavolo, accanto alla fede, posò il foglio con le parole scritte per Fausto.

“ Ti prego non chiamarmi amore se devi picchiarmi a tutte le ore,
se quando di fronte a me ti siedi mi guardi e non mi vedi, 
se non ricordi la mia età e pensi che io sia di tua proprietà, 
se non conosci i miei sogni e i miei pensieri né di oggi né di ieri, 
se ridi delle mie emozioni e calpesti le mie aspirazioni, 
se la mia mente vuoi controllare e con gli altri non devo parlare,
se per sentirti forte devi darmi la morte.
Starò bene con la mia solitudine, se per te sono solo un'abitudine.”  

L’Avvocato Angela Rossi  dello studio Orlandi in via Cavour, ha pronta la pratica per la separazione, non voglio nulla, mi basta ciò che ho ricevuto in questi anni. 
Addio Mara.   
                                            
Solo la sintesi di quel che era stato il suo vissuto, senza recriminazioni. Era pronta.

Era pronta? 
Per un attimo fu presa dal panico. E se non ce la avesse fatta? 
Poi pensò che era più fortunata di altre donne che non avevano avuto il coraggio di ribellarsi al tiranno di turno. Lei per fortuna aveva gli strumenti per farlo.
Respirò profondamente, sperò che la malinconia non si trasformasse in nostalgia e uscì per andare incontro al futuro.

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Immagine:  Automat  (particolare) – 1927 
Edward Hopper
Des Moines Art Center, Des Moines, Iowa

Daniela Lalleroni
Daniela

Salve, sono Daniela, una
ragazza del '53 con la mente
rivolta al presente.  
É tempo di seguire uno 
dei sogni che ho da sempre: 
scrivere.

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